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L’hypermedia e la ricerca critica. Intervista a Marotta & Russo

Filippo Lorenzin

Marotta & Russo - &

1. Quando e come avete saputo che parteciperete alla prossima edizione di Pixxelpoint?
L'invito ci è arrivato a fine estate, direttamente da parte dei curatori, il gruppo artistico sloveno BridA, durante una visita al nostro studio di Udine. Ci siamo conosciuti e subito intesi, anche umanamente. Ci hanno spiegato il concept della mostra ed insieme abbiamo selezionato il lavoro che presenteremo.


2. Quale progetto presenterete?
"OutPut", una nostra opera interattiva e computer based del 2003, praticamente ancora oggi inedita in Italia. Essa fu presentata a suo tempo nell'ambito di una mostra alla "Electrohype-ROM" di Malmö (Svezia). La mostra, intitolata " The CLASSIC II EXHIBITION", si basava su di una selezione seguita ad una call internazionale. Gli organizzatori proponevano agli artisti di creare un'opera basata su HW già allora d'epoca, ovvero degli Apple Macintosh all in one di fine anni '80. La loro idea era quella di andare oltre al mito già allora radicato (eravamo, appunto, nel 2003) dell'effetto speciale, originato anche dalla rapida diffusione e popolarizzazione di personal computer relativamente a basso costo e di grande potenza multimediale. Tutto ciò, assieme alla fascinazione hi-tech, rischiava di mettere in secondo piano gli aspetti più concettuali e riflessivi delle ricerche artistiche nell'ambito new media. Bisognava in qualche modo "reagire" e riproporre ricerche e sfide basate su altri e più radicali presupposti, evitando ogni possibile "barocchismo" fine a se stesso. L'assunto ci trovava – e ci trova – in pieno accordo e così partecipammo. 

Decidemmo così che la nostra opera – sostanzialmente definibile come una narrazione "punta e clicca" – si dovesse basare sulla tecnologia offerta da Apple HyperCard un potentissimo SW di authoring ipermediale realizzato da Apple già nel 1987. E quindi totalmente compatibile con l'HW coevo proposto dall'organizzazione per la sfida insita nel concept della mostra. HyperCard, infatti, fu alla base stessa delle prime sperimentazioni logiche, linguistiche e creative in ambito ipermedia prima ancora della nascita del WWW. Ciò, già di per sé, ci sembrava interessante: se, infatti, il senso della proposta di "Electrohype-ROM" era anche quello di tornare alle radici profonde di una cultura nuova come quella digitale, HyperCard era perfetto. Per la parte visuale delle animazioni – e con lo stesso spirito – ci siamo serviti esclusivamente delle clipart incluse nella libreria originale del programma, ovviamente reinterpretandole con la nostra prospettiva. Esse, oltre a possedere una loro indiscutibile e – per così dire – "nuda" eleganza, restituivano in qualche modo il clima di tecno-entusiasmo, un po' acritico, un po' ingenuo e molto pionieristico degli anni '80. Clima che, nel 2003, ci appariva già assai diverso: la distanza storica era già molto significativa allora, come pure oggi. I protagonisti della narrazione sono tre: il Marketer, l'Architetto, Il Computer. Figure molto attuali, con problemi e prospettive molto attuali, riteniamo.


2.1 L'aspetto ipermediale è sicuramente una delle caratteristiche più pregnanti dei new media - una struttura rizomatica che, anche dopo decenni, è rimasta sostanzialmente invariata nella fruizione di contenuti online per tutti gli utenti. Quali sono stati i risvolti più importanti che hanno comportato questa modalità di fruizione delle informazioni, secondo voi?
Domanda, questa, fondamentale quanto complessa. Ma non ci sottraiamo ad essa. E dunque, per noi l’ipermedialità ha rappresentato e rappresenta diverse cose. Prima di tutto, la possibilità/necessità di uno scarto nelle logiche e nelle prospettive di creazione e fruizione della cultura, della comunicazione e dell’immaginario. L’hyperlink offre l’occasione e la necessità storica di “far saltare” – letteralmente – ogni gerarchia concettuale ed espressiva. Nessuna tassonomia, nessuna ideologia pregressa, nessun ambito dell’umano ha potuto resistere a tutto ciò. E siamo ancora all’inizio. Bisogna attrezzarsi ad essere nuovi, dunque:  “bisogna essere assolutamente moderni”, per dirla con Arthur Rimbaud. Un problema anche di rinnovati “output”, appunto.

E nello stesso tempo, in maniera non del tutto sorprendente in fondo, un tale modo di interpretare ed esplorare le possibilità dell’esistenza – non gerarchico, non sequenziale – ci permettono di tornare all’antico. Attenzione, non al “vecchio”: antico significa, infatti, più giovane. Ovvero ad una dimensione culturale e prospettica che prevede una libertà, una simultaneità, un’assenza di “specializzazione” settoriale, una disponibilità alla responsabilità tipica di tempi più giovani e vitali, appunto. Si può tornare ad osare ed è necessario.

Come avrai capito, quindi, per noi l’hypermedia non è una tecnologia. Ma un’opportunità concettuale, esistenziale e, perciò, culturale. Che va indagata, compresa e sperimentata. In prima persona, per forza. L’essere umano, infatti, è per sua natura “ipermediale” e libero. Ora siamo tutti – e singolarmente – in qualche modo “costretti” a riscoprire questo dato di fatto, per troppo tempo dimenticato. Il concetto di relazione e di network (in questa accezione ampia) è stato anche il tema di indagine alla base della nostra recente personale milanese, nello spazio di scatolabianca(etc.), non a caso intitolata “&”. Marotta & Russo, del resto, sono un network ipermediale e relazionale (al loro interno e verso l’esterno) da sempre: la nostra stessa ragione costitutiva coincide con questi concetti.


2.2 Spesso, quando ci si confronta con la storia delle ricerche tecnologiche riguardanti i computer e Internet, si prova la sensazione di essere di fronte a degli esperimenti quasi utopistici, puntati alla realizzazione di un sistema che potesse permettere il libero scambio di informazioni. Quanto è rimasto di questo spirito nel 2013?
Ti abbiamo forse già in parte risposto prima. Ma, volendo chiarire il punto in maniera più precisa, riteniamo che questo spirito sia rimasto tale. Certo, con dei significativi cambiamenti, riassumibili nella seguente riflessione. Dall’utopia, il “non luogo” degli esperimenti, siamo  passati alla “netopia” – il luogo del network – dove tutti quanti (più o meno consapevolmente) stiamo compiendo una performance collettiva, ancora in corso. “ Netopia” è anche il titolo di un nostro lavoro video di animazione del 2004, che ha proprio questo tema e che vuole suggerire simili riflessioni.


2.3 Avete affermato poco fa di essere interessati a ricerche che vadano al di là della patina più effettistica dei new media, una posizione su cui mi trovo d'accordo. Quale ruolo può avere una riflessione artistica in questo senso per una riconsiderazione critica di questi mezzi da parte del grande pubblico?
Altra domanda, la tua, su di una questione “pesante” e centrale. E questa affermazione è già una nostra prima risposta. Riteniamo, infatti, che da sempre il compito di un’artista sia proprio questo: la “riconsiderazione critica”, rubiamo volentieri le tue parole. La “riconsiderazione”: ovvero la presa in esame di un dato fattuale secondo un’ottica diversa ed alternativa. La “critica”: ovvero l’assunzione su di sé di una responsabilità, di una testimonianza umana ed intellettuale, espressiva ed artistica che supporti e verifichi a livello personale quell’ottica. Ottica, in questo senso e per forza di cose, conseguente e, quindi,  veramente diversa ed alternativa nell’indagare la contemporaneità dei problemi e le sfide da essi poste. 

La comprensione e la gestione – a vario titolo – dell’impatto antropologico del network rappresenta, per quanto ci riguarda, il compito di ogni artista per l’oggi ed il domani. Ci troviamo, in tal senso, in pieno accordo con le riflessioni di Domenico Quaranta. Il quale, nel suo interessante ed ambizioso libro, “ Media, New Media, Postmedia”, afferma: “ha sempre più senso distinguere fra un’arte che prende atto della svolta verso la società dell’informazione e un’arte che si ritrae su posizioni tipiche dell’era industriale che stiamo abbandonando”. Al di là dell’impiego o meno di mezzi digitali nella ricerca, aggiungiamo noi: rizomatico è ormai (e di nuovo) il nostro modo di relazionarci e di percepire il mondo.

La prima e necessaria testimonianza verso il “grande pubblico”, quindi, è proprio questa: operare in modo da non confondere le prospettive antropologiche con le tecnologie. Il network è un nuovo paradigma, gravido di conseguenze tutte da esplorare ed esperire. Ben oltre e, oggi più che mai, anche ben al di là delle infrastrutture di Rete e dei supporti informatici. Di qui la nostra affermazione polemica contro “la patina effettistica” sempre incombente: essa rischia di far ritornare l’attenzione sugli aspetti più squisitamente e strettamente tecnologici e formali, piuttosto che metterla in moto verso prospettive assai più sostanziali, stringenti ed urgenti.

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Una nostra intervista di Filippo Lorenzin pubblicata sul blog “ L’identità aumentata” in occasione della nostra partecipazione al Festival Internazionale “PIXXELPOINT 2013 De.fragmentation a Nova Gorica (Slo).